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EXCL – Serena Riglietti risponde a J.K. Rowling e ai fan: “Vi spiego la copertina italiana di Harry Potter”

“Ho sempre amato quella copertina perché è così bizzarra. Perché la testa di topo? Perché quel topo gigante con un foulard? Non ho mai incontrato l’illustratrice, quindi non lo so ancora” –  J.K. Rowling su Twitter, in riferimento alla prima copertina italiana de La Pietra Filosofale

Con enorme gioia – e anche con un pizzico di soddisfazione – Portus può rispondere in esclusiva internazionale a delle domande a cui nemmeno J.K. Rowling in persona sa dare una risposta (una volta tanto!). Abbiamo avuto il privilegio, l’onore e la fortuna di poter chiacchierare un po’ con Serena Riglietti, l’illustratrice della prima edizione dei romanzi di Harry Potter. Serena si è subito rivelata una persona disponibilissima e alla mano, aprendoci virtualmente le porte del suo studio e conducendoci per mano nei meandri della sua testa.

Sette sono le domande che le abbiamo fatto e sette sono le risposte che ci ha dato. Dopotutto sette non è il numero magico per eccellenza, in Aritmanzia?

Abbiamo parlato del suo rapporto con Harry Potter, di creatività e ovviamente le abbiamo chiesto ciò che la Rowling si è chiesta su Twitter!

ENGLISH INTERVIEW


Ciao Serena, grazie per aver accettato il nostro invito! Senza rubarti troppo tempo, ti farei subito una domanda personale, così da rompere il ghiaccio. A quale delle sette copertine sei più legata e perché?

La copertina a cui sono più legata è quella de L’Ordine della Fenice perché l’ho terminata il giorno in cui è nato mio figlio Francesco. Visto che abbiamo deciso di fare questa intervista, mi piace l’idea di raccontare qualcosa del mio mondo, che influenza totalmente il mio lavoro.

Era il 2 settembre 2003, fino ad allora l’estate più calda del secolo; infatti la temperatura era da mesi intorno ai 40 gradi, ed io portavo in grembo il mio primo bimbo. La sera prima i bagnini dove vado al mare avevano organizzato una cena di pesce sulla spiaggia, per chiudere la stagione e salutarci; l’aria era gialla come il vento e gli ombrelloni, così come le persone. Mi sembrava di vivere in una fotografia virata di giallo. In attesa di metterci a tavola mi avvicinai alla riva per mettere i piedi in acqua. A un certo punto qualcosa mi toccò i piedi, e davanti a me l’onda che tornava indietro lasciava sulla sabbia un piccolissimo bambinetto di plastica. Era una di quelle statuine che si usano a Natale per rappresentare il Bambino Gesù nel presepe. La mostrai a tutti, e decidemmo che si trattava di un segno: il mio bambino sarebbe nato presto. La mattina dopo andai in studio, dovevo finire la copertina di un libro importante. Il lavoro era quasi pronto, e mentre decidevo dove mettere il rosso, il punctum che sancisce la fine di ogni mio disegno, riflettevo sul fatto che in fin dei conti l’Araba Fenice non ha l’esclusiva del suo destino; forse riguarda un po’ tutti. Riflettevo sul fatto che la nascita di un figlio coincide con la rinascita di una persona, da quel giorno genitore, decisi quindi di aggiungere la frase che scorre alle spalle di Harry ‘Refecta mea vivo mortis’: rivivo della mia stessa morte. Modificai la frase, tolsi la ‘r’ iniziale, la ‘v’, e le ultime ‘is’ sono nascoste.

Volevo che la frase in copertina trovasse una sua estensione anche fuori dal libro e immaginai subito le reazioni dei lettori, che puntualmente ci furono.  La copertina era finita… giusto in tempo per rendermi conto che tutto stava per succedere; la impacchettai e feci una telefonata per essere accompagnata in ospedale, chiamai anche il corriere e gli dissi di venire a ritirarla nel reparto maternità.

Non solo tua è la maternità (e stavolta è davvero il caso di dirlo) di tutte e sette le copertine dei romanzi, ma anche di diverse illustrazioni all’interno dei primi quattro volumi. Quale momento della storia ti è piaciuto maggiormente riprodurre?

privet driveSicuramente il libro che più di tutti mi è piaciuto illustrare è stato il primo: avevo maggiore libertà nel poter immaginare ciò che avrei disegnato e avevo decisamente anche molto più tempo a disposizione per farlo.

È proprio per ragioni di tempo che nel quinto, nel sesto e nel settimo libro abbiamo deciso di smettere con le illustrazioni interne, non solo perché nel frattempo i lettori stavano crescendo.

Ricordo che le illustrazioni in testa a ogni capitolo de Il Calice di Fuoco sono stata addirittura costretta a farle senza leggere il manoscritto, che nel mentre veniva tradotto. Dalla casa editrice mi mandavano qualche riga di sinossi e in base a quello dovevo disegnare ciò che mi veniva richiesto.

Per tornare alla tua domanda, però, ti dico che ne La Pietra Filosofale uno dei miei momenti preferiti è quello in cui Harry vede per la prima volta la sua famiglia nello Specchio delle Brame, l’ho trovato molto commovente.

L’illustrazione di quel libro che amo di più è invece la prima, l’incontro tra Silente e la McGranitt a Privet Drive: era l’inizio di tutto, e forse è questa la ragione. Poi Dudley con la coda di maiale… Fuffi… ma davvero, del primo libro mi è piaciuto disegnare tutto: ho lavorato col mio usuale metodo, senza ansia e con tanta libertà creativa.

Parlando sempre delle illustrazioni interne, che ne pensi del fatto che nella ristampa per il ventesimo anniversario dalla pubblicazione italiana siano state tolte nonostante la scelta di riproporre le tue copertine?

Mah… ho ricevuto il pacco di libri che in questo momento campeggia sulla cima della mia libreria… ancora chiuso, ci credi? Se non me lo avessi detto tu non lo avrei saputo. Pensa un po’ quanto sono attenta a queste cose! In questi vent’anni ho, a modo mio, ‘ribaltato il mondo’ non sai quante volte! Mi sono presa così tante soddisfazioni professionali (che vanno oltre il fatto di aver disegnato la saga più famosa del mondo) che sinceramente non penso di volermi fare un cruccio per la scelta della casa editrice.

Stiamo parlando dopo circa vent’anni dalla prima uscita (ricordo che la saga di Potter corrisponde anche ai tuoi esordi come illustratrice di libri per ragazzi). Com’è cambiato il tuo approccio al tuo essere illustratrice durante tutti questi anni?

Io ho pubblicato circa 80 libri con editori di tutto il mondo, ho lavorato ad una serie molto famosa per Usborne, con Simon & Shuster di New York, con Grimm Press… insomma sempre a cose per me importanti, e per un lungo periodo ho pensato che sarebbe stato così per tutta la vita. Poi però mi sono detta: ‘Ma se hai disegnato (per l’Italia) il libro più famoso del mondo, cosa ci fai ancora qui?’ Per me la vita è tutt’uno col mio lavoro, e la vita è troppo breve per fare una cosa sola! Ora sono editore di guide turistiche dedicate ai ragazzi, insegno all’Accademia di Belle Arti di Urbino con grandissime soddisfazioni, accetto lavori da illustratrice quando sono progetti che mi piacciono tantissimo, faccio mostre (l’ultima in Italia pochi mesi fa e prima a Washinton DC dove sono stata selezionata per rappresentare l’Italia) e ne sto preparando una per Colonia a settembre. Ho lavorato ad una serie sugli angeli, adesso faccio opere ad olio sulle poesie di Franco Arminio… insomma, non mi presento come la ‘disegnatrice italiana di Harry Potter’, mi presento come Serena Riglietti, ed ogni volta mi metto in gioco come se fosse la prima volta, questo ha senso per me.

Come si è evoluto invece il tuo approccio alle illustrazioni di Harry Potter, considerando che quel libro sconosciuto su cui hai iniziato a lavorare più di vent’anni fa è poi progressivamente divenuto un fenomeno mondiale?

In realtà, essendo di per sé un fenomeno, credo che ognuno si aspetti di sapere chissà cosa ci possa essere dietro: tante cose personali, questo sì, ma il lavoro di per sé, per me, è stato un libro da illustrare, né più né meno. Mi sono trovata spesso a leggere commenti veramente sorprendenti, non solo per quello che dicevano, ma per il fatto stesso che qualcuno abbia avuto voglia di farli. Io capisco che c’è tutta una generazione che si è identificata col personaggio, e che lo considera anche un po’ suo, ma penso anche che a volte qualcuno abbia un po’ esagerato. È normale che, soprattutto dopo il film, qualcuno abbia trovato delle grosse incongruenze nei miei disegni, o che il pubblico dei lettori, crescendo di età insieme al libro, ad un certo punto abbia trovato i miei disegni inadeguati ad un loro immaginario che si evolveva; però io non me ne sono mai fatta un cruccio: è talmente scontato che quando fai qualcosa di così tanto visibile ci sarà qualcuno che ama il tuo lavoro ed altri no, se ci pensi sarebbe veramente strano il contrario. Diciamo però che forse tutta questa attenzione ad ogni minimo dettaglio (o per qualcuno ‘errore’) più di una volta mi ha suscitato una certa antipatia per tutta la questione, sono successe talmente tante cose che potrei scriverci un libro. A volte ho ricevuto delle mail, anche dall’altra parte del mondo, con domande assurde, non credo neanche di aver risposto a tutte.

Molti non sanno che il primo Harry che hai disegnato non aveva una cicatrice né i caratteristici occhiali. Puoi raccontarci la storia?

hagridQuando mi hanno chiesto di illustrare il primo romanzo io ero in vacanza in Sicilia.
Un mese prima ero stata a Milano con la mia cartella di disegni, e mi ero recata a Corso Italia dagli editori Salani. Quindi mi telefonarono per chiedermi di illustrare un libro che forse sarebbe diventato famoso, e mi diedero alcune indicazioni per iniziare un disegno destinato ad un pieghevole per le librerie, che ne avrebbe annunciato l’imminente uscita.

All’epoca però loro non avevano ancora terminato la traduzione del libro, e siccome non c’era molto tempo mi diedero delle indicazioni abbastanza sommarie. Sapevo che Harry era un ragazzo senza genitori, che viveva nella casa con gli zii, che più avanti sarebbe arrivato un gigante, con barbone e nasone, e che avrebbe avuto il compito di accompagnarlo in una scuola di magia dove avrebbe trovato il suo posto, riscattandosi da un’infanzia infelice.

Ho quindi disegnato una tavola di prova che vede questo ragazzino dai capelli rossi sulle spalle di un gigante, senza però gli occhiali e la cicatrice, suo marchio distintivo. Fu anche il disegno che fece decidere agli editori che l’illustratrice sarei stata io. A distanza di tempo Luigi Spagnol ha scritto come andò:

‘Quando penso a Serena Riglietti, il suo primo disegno che mi viene in mente raffigura un gigante che, come in certe iconografie tedesche di San Cristoforo, porta un bambino in spalla… Questo disegno specifico di cui sto parlando era il primo da lei eseguito, o per lo meno il primo che io ho visto, per illustrare la saga di Harry Potter e, dal punto di vista strettamente filologico, era un disegno del tutto sbagliato. L’illustrazione serviva per un pieghevole di quelli che a volte prepariamo per anticipare ai librai l’uscita di un libro importante; nella ridicola mancanza di tempo con cui troppo spesso siamo costretti a lavorare nelle case editrici, a Serena erano state date indicazioni sommarie e imprecise: il gigante (i fan della Rowling lo avranno già capito) doveva essere Hagrid, ma era decisamente più gigante di quanto sia nel libro; il bambino, ovviamente, era Harry Potter, ma non presentava, in quella sua prima apparizione italiana, alcun segno dei famosi occhiali né della fatidica cicatrice a forma di saetta; dimostrava anche sette o otto anni, e Hagrid, come dicevo, lo portava in spalla: nel primo libro, nell’unica scena di tutta la saga in cui Harry viene trasportato da Hagrid, ha poco più di un anno, e non è in spalla ma (anche questo è ormai risaputo da tutti i fan) su una motocicletta volante nera.

Eppure, quel disegno sbagliato era perfetto.

A me era stato detto che l’autrice voleva che ogni paese avesse il suo illustratore, e io pensai che fosse una scelta molto intelligente, perché ogni disegnatore, o artista, o come lo si voglia chiamare, traduce anche la propria cultura, o almeno, per me così dovrebbe essere. Io sono nata a Milano, ma vivo a Pesaro e mi sono formata ad Urbino, culla del Rinascimento Italiano. La mia scuola d’Arte era dentro il Palazzo Ducale, e il paesaggio che ci circonda, il Montefeltro, ha i colori e le atmosfere che ci sono dentro i miei disegni. Credo che questa sia la ragione per cui hanno scelto me, se fossi nata a Los Angeles forse sarei stata fuori luogo.

Anche la primissima copertina, quella in cui Harry gioca a scacchi accanto al topo, vedeva un Harry senza cicatrice e occhiali… e con i capelli rossi, cosa di cui neanche gli editori si accorsero, adesso quella prima copertina è diventata da collezione, e chi la possiede ha un piccolo tesoro.

A proposito di quella copertina, per te la domanda che vive ancora in tutti i forum e che proprio recentemente si è posta J.K. Rowling in persona: perché Harry Potter gioca a scacchi con un topo e perché indossa quel cappello?

coverhppHarry non gioca a scacchi con un topo, Harry gioca a scacchi accanto a un topo, ed il giocatore che si trova da quest’altra parte potrebbe essere ognuno di noi, chiunque abbia di fronte la copertina. Anche metaforicamente la partita a scacchi viene usata per dire di qualcuno che si gioca il proprio destino usando l’intelligenza, e questo era il mio augurio all’autrice del libro.

Questa è la copertina che io ho disegnato non avendo letto il libro e sapendo soltanto che Harry Potter era un bambino che nella scuola di magia avrebbe dovuto affrontare tutta una serie di prove. Una delle prove finali avrebbe potuto mettere in gioco la sua vita. Mi era anche stato detto che gli studenti in questa scuola di magia potevano portare con sé un topo o una civetta. Nient’altro.

Ecco quindi il perché degli scacchi e del topo.

Riguardo il perché del cappello di topo… mi dispiace deludere, è la domanda che mi hanno fatto cento volte, e adesso che se l’è posta anche J.K. Rowling tutto il mondo vuole una risposta. Ieri mi hanno scritto dal Brasile, dall’Inghilterra… un sacco di persone adesso vorrebbero una risposta molto interessante. Solo che la risposta forse non lo è, o forse sì, quello che so è che la risposta è semplice: Harry ha il cappello di topo perché è una delle caratteristiche del mio lavoro, a me piace mettere i cappelli strani sulle teste dei miei personaggi, lo faccio ogni volta che ne ho la possibilità. Io stessa vorrei possedere dei cappelli pazzi! E poi…in questo mondo è così difficile farsi notare!

Dopotutto, se dopo vent’anni ancora ci si chiede il perché è perché evidentemente ha funzionato!

***

Ancora una volta ringraziamo Serena Riglietti per la sua gentilezza e la sua disponibilità, sperando di aver risposto anche ad alcune delle vostre domande!

Per sapere di più riguardo il suo lavoro di illustratrice per le storie di Harry Potter (e non solo) vi invitiamo ad acquistare il suo catalogo Harry Potter & Co. – Società di magia a responsabilità illimitata. Qualora quest’ultimo risultasse introvabile (è datato 2007), raccomandiamo Harry Potter – La Magia dei Vent’anniedito da Felici in occasione della mostra a Pisa dedicata proprio ai vent’anni dall’uscita in libreria di Harry Potter. Un piccolo catalogo che contiene disegni e curiosità.

Adesso, dopo la Rowling, tocca a voi: diteci cosa ne pensate della copertina italiana di Harry Potter e la Pietra Filosofale (e dei libri successivi!).

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